La passione per il delitto
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Il Diario della Passione
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DOMENICA 08 OTTOBRE 2006

Lo leggi negli occhi di tanti, di tutti: quel brivido che ti prende quando sei a mezzo metro da un personaggio che ammiri davvero. La vedi sulla pelle di tanti, di tutti: quell’emozione che proprio non si riesce a nascondere, quando ci si trova di fronte alla propria personale leggenda.
Alzi la mano chi non ha un tuffo al cuore quando Andrea Carlo Cappi, con quella sua compiaciuta, ironica e autoironica teatralità, scandisce: “Signore e signori, è nostro ospite il più grande autore di thriller al mondo”. Una breve pausa. Silenzio completo, al granaio. Il cuore di tutti sembra dover chiedere il permesso, prima di battere. Poi Cappi prosegue: “E’ qui con noi Jeffery Deaver!” Scoppia l’applauso. Sì, dopo giorni in cui il suo nome è stato sussurrato, letto e riletto nelle locandine che lo annunciavano, dopo che tutti si sono chiesti almeno una volta “ma verrà davvero?”, finalmente lui è lì, seduto tranquillo su una delle poltrone che in questi quindici giorni hanno accolto tanti altri scrittori. Jeffery Deaver. L’autore de “Il collezionista di ossa” e di altri thriller che ci hanno donato il gusto di storie geniali e il piacere sottile di quell’eco sorda dentro allo stomaco, quella vibrazione che in un attimo diventa paura. Deaver è già stato intervistato, poco prima, da Giorgio Faletti, vecchia conoscenza della “Passione”. Faletti, inviato a Monticello per conto di “Quelli che il calcio”, in diretta su Rai Due, aveva presentato due anni fa proprio qui il suo secondo romanzo. Insomma: c’è elettricità nell’aria, la si percepisce chiaramente.
Inevitabile, al termine dell’incontro con il grande scrittore, che si formi la fila. Che decine e decine di fan si mettano in coda con un libro da farsi autografare. Molti hanno con sé una copia di “Luna fredda”, l’ultimo romanzo. Molti altri si sono portati da casa copie di altre sue opere. Non manca qualcuno che si avvicina allo scrittore con uno zaino in spalla. Quando è a due metri da lui, lo posa a terra, lo apre e ne estrae almeno una dozzina di volumi. Tutti di Deaver. Su tutti si fa apporre la preziosa firma. Lo scrittore americano con un sorriso affabile si concede anche alle foto degli ammiratori. Sapete cosa dice a molti dei fan che lo guardano con gli occhi adoranti? “Thank you for coming here today”. Grazie per essere venuti qui, oggi. Lui, uno dei più grandi scrittori viventi.
Anche questo significa essere dei grandi.

Marco Proserpio

P.S. E così siamo arrivati al termine. Manca ancora un incontro, martedì 17. Poi la manifestazione giungerà al suo epilogo. Niente paura e niente retorica, ovvio. Paola Pioppi, la nostra signora in giallo, tra pochi mesi sarà già al lavoro per la nuova edizione.
Doveroso, se ci è consentito, chiudere con un ringraziamento. A Paola e a tutti i suoi collaboratori. A Fabrizio, Selena, Simona, Chiara, a chi ha curato l’apparato tecnico, la vendita dei libri, i contatti per la rivista “Brianze”. Tutti i ragazzi che per passione, per pura passione hanno organizzato questo evento. Grazie, ragazzi. È anche e soprattutto per il vostro impegno che i sogni diventano realtà. Almeno per due settimane all’anno.

M. P.

Incontro con Jeffery Deaver

In compagnia di Andrea Carlo Cappi e di Seba Pezzani, Jeffery Deaver ha presentato "La luna fredda" a "La passione per il delitto", Monticello Brianza.
Il miglior giallista del mondo, a sentire il New York Times.
Prima che di parlare del libro, Cappi (il traduttore) ha ricordato una precedente presentazione, nel settembre 2001, in una serata freddae ventosa, di fronte a 3 persone.
Il successivo era l'11 settembre, e Deaver si trovava a Milano, alla Libreria del Giallo, ma la tragedia portò la presentazione in secondo piano. Ogni volta che cita le Twin Towers, ricorda Cappi, rivivo quel senso di colpa per aver invitato Deaver in Italia proprio in quei giorni, per aver sconvolto la vita di Jeff, e non solo.
Prima domanda: ancor di più l'ultimo romanzo, testimonia come la vita dei newyorchesi sia cambiata dalla tragedia dell'11 settembre. come senti quell'evento?
Deaver ha ricordato come in quei giorni ha sentito un senso di vicinanza coi milanesi e con gli italiani: mi sono sentito circondato da un'ondata di affetto.Per quanto riguarda il rapporto col traduttore ha precisato che un autore è un buon autore fintanto che è in grado di comunicare in una lingua diversa dalla sua.So, continuava Deaver, che i libri tradotti da Cappi, perchè ricevo molte email, sono ben tradotti: ricevo i comlimenti anche per il modo in cui sono stati oprtati nelle altre lingue. E' un ottimo amico e io per questo lo ringrazio.
Noi scriviamo per voi lettori per emozionarvi.Siamo alla ricerca di un modo per darvi l'esperienza più eccitante, che vi faccia sudare freddo e per coinvolgere il lettore il più possibile.Noi scittori non possiamo essere indifferenti agli eventi che ci circondano (come la tragedia delle Torri Gemelle), ma queste non devono soffocare la storia.
Cappi ha chiesto di approfondire il personaggio femminile della reduce dall'Iraq: quale è il significato della sua presenza nel libro?
Deaver ha risposto citando Hemingway "se volete dare un messaggio, mandate un telegramma, non mettetelo in un libro". Non è importatnte per me mettere una visione politica nei libri.I grandi eventi devono fare da contorno ai personaggi della storia. Ho voluto parlare del caos mentale che provoca la guerra nei reduci, ma perchè è poi fondamentale per lo sviluppo della storia. In effetti questo personaggio (la reduce) ha colpito molto l'attenzione dei lettori, poichè ricevo molte email, non solo su Lincoln e Amelia.
Il ruolo dei personaggi collaterali: Cappi parla quasi di un romanzo corale, vista l'importanza dei personaggi collaterali nei libri di Deaver. Come sono nati i due peronaggi dell'assassino, l'Orologiaio e del suo assistente?Da ragazzino andavo dai miei nonni, che abitavano vicino Chicago, che avevano sulla mensola della cucina un orologio, che sembrava avesse una faccia con due occhi. Sembrava che quei due occhi ti seguissero per tutta la stanza. Mi facevano paura, come se l'orologio mi stesse guardando. Questo orologio mi ha ispirato per l'Orologiaio: un assassino ossessionato dal tempo.L'assistente, Vincent è, in realtà, ancora peggio del primo. Mi è piaciuto accostare questi due personaggi negativi.
Il concetto dell'ossessione del tempo è presente i altri romanzi di Jeff, ricordava Cappi. Il conto alla rovescia per arrivare all'assassino e salvare delle vite umane. In realtà, il vero orologiaio è Deaver stesso, per come monta i suoi "orologi omicidi".
A questa provocazione Deaver ribatte dicendo che non mette mai nulla di personale nei suoi romanzi. Il libro deve parlare da sè, non attraverso le parole dell'autore.Io passo 8 mesi a costruire la scaletta del romanzo: proprio come fanno i veri orologiai, che dopo aver preparato gli ingranaggi devono solo assemblarli. Io lavoro così: prima devo avere ben chiaro in testa il romanzo con una scaletta che alla fine degli 8 mesi arriva a circa 200-250 pagine. E poi inizio a scrivere il libro vero e proprio.
Il ruolo dei colpi di scena: Cappi paragona il meccanismo dei colpi di scena al meccanismo dietro le lancette degli orologi. I libri di Jeff sono molto trasparenti, da questo punto di vista. A voler ben vedere, se un lettore anzichè seguire le lancette (il corso della storia) si soffermasse sul meccanismo dietro (gli indizi posti lìin evidenza) scoprirebbe prima la soluzione del giallo.
L'incontro si è concluso con una preview dei prossimi lavori di Deaver che arriveranno in Italia:
Il personaggio di John Pellam , il location scout protagonista di "Sotto Terra", sarà presente in un nuovo racconto inedito in Italia, tradotto da Cristiana Astori. "Bloody river blues", il titolo.
A propostiro del lavoro di location scout, Deaver ha sottolineato come a lui piaccia viaggiare. Un giorno, durante una conferenza scherzando disse che così può dedurre le spese di viaggio dalle tasse.Alla conferenza successiva si presentò in tizio delle tasse. Cui fece (a Deaver) una proposta di lasciarlo stare se gli avesse letto un suo manoscritto ....
Il personaggio di Kathryn Dance (ne la Luna Fredda), l'esperta di cinesica, sarà invece protagonista di una nuova serie: Deaver alternerà le sue storie con quelle di Lincoln.

Aldo Funicelli
Unoenessuno
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Un rindisi con il Maresciallo Binda

Piero Colaprico, assieme a Max Paleari, un giovane ex partigiano di 95 anni, hanno ricordato gli anni della lotta partigiana in Brianza e la persona di Gianluca Puecher.
Puecher è al centro della storia raccontata nell'ultimo libro di Colaprico "La quinta stagione", con protagonista l'ex maresciallo Binda, presentato ieri a Monticello presso la rassegna "La passione per il delitto".
La Milano con le forze repubblichine, il periodi in Svizzera, gli americani e i servizi informazioni dei partigiani ... tutto raccontato da questo giovane vecchietto, che ricordava come fosse ieri, avvenimenti capitati 60 anni fa. Come la cattura di un camion di SS da cui recuperarono (lui e il suo gruppo) mitragliatori, munizioni e una cassa di birra.
Puecher era un vero partigiano combattente "fucilato ventenne il 21 dicembre 1943 a Erba" recita la sua targa in via Broletto. Non aveva capito che non era ancora il tempo di sparare. Bisognava organizzarsi prima. Ad Erba la resistenza è esistita: nessuno però che sia sia azzardato ad alzare il bastone sui tedeschi. Le SS erano presenti con un presidio a Erba e a Canzo, ma si accontentavano di far funzionare le officine che lavoravano per la Germania. E gli erbesi accettavano questo quieto vivere.
Dopo Paleari, Colaprico, ha parlato del suo personaggio: un uomo che sta dalla parte della legge, apolitico. In Italia si ddice che il giallo non è funzionale solo perchè non esiste il concetto di bene o male. E' vero però che nei miei libri è ben chiara la demarcazione tra onestà e disonestà.
La vecchia criminalità (quella die Vallanzasca) ci teneva a farsi riconoscere come criminale (pellicce, belle auto, gioielli): era tutto alla luce del sole.
La stagione del pentitismo ha prodotto una nuova tipologia di criminali: dei manager con la pistola dentro la ventiquatt'ore (come nel caso dell'omicidio di Brescia). Sono dei criminali mimetizzati.
Accanto a questo cìè ancora una generazione di criminali fantasmi: vivono nelle periferie dismesse, si trovano nei chioschi volanti e lì fanno affari. Donne e droga.
Questa Milano, ho scritto nel libro, è spaventosa: nei 70 c'era una certa riconoscibilità. Sceglievi tu se entrare o meno in quella bisca, se metterti in casa, come guardiano, dei criminali mafiosi (come Berlusconi on Mangano). Questa riconoscibilità è finita: l'apparenza inganna.
Ma oggi se fai l'incontro sbagliato non hai possibilità di trattativa: il criminale aarriva oggi da una guerra etnica e quando è qui ci considera come un nemico. Quando ti entra in casa, ad es. alla prima reazione spara.
Questa è la nostra realtà, spaventosa, che nel libro viene raccontata con gli occhi di una persona vecchia.
Questi nuovi criminali spesso arrivano dall'esercito o dalla milizia (albanese): per loro gli italiani sono delle mammole. C'è un'informativa dei servizi segreti (quelli non deviati) che dice che tra 30 anni, quando al nord si accorperà la mafia russa con quella albanese, ci accorgeremo di cosa vuol dire vivere dentro una cultura mafiosa. Noi che non l'abbiamo combattuta per tempo.
Colaprico ricordava quello che è successo in Unione Sovietica col petrolio: gli oligarchi a Mosca sono tutti ex dei servizi segreti, come Putin, come i miardari che poi, in estate, vengono in Sardegna.
La mafia non è più quellacon la coppola: è l'aggancio criminale ad altissimo livello che è in grado di venire da te e dirti "da oggi la tua azienda è mia". La mafia si mimetizza dentro lo stato (lo stato deviato): dove non c'è democrazia, tra stato e mafia non c'è differenza.
Tra 30 anni come ci defenderemo da questi? Che hanno una cultura, una preparazione .. arriveremo ad un regime, il regime dell'euro.

Galimberti, il giornalista che moderava l'incontro, chiedeva poi a Paleari un commento sulla richiesta, da parte dei nipoti di Benito Mussolini, di riaprire l'inchiesta.
Questa è stata una vicenda da cui i partigiani brianzoli sono stati tagliati fuori (Paleari era nel servizio informazioni partigiano). Nel 45 funzionava solo il servizio informazioni del partito comunista. Le loro brigate erano veramente organizzate, perchè alle spalle avevano tutto il peso del PCI.

In conclusione si è palrato delle riduzioni teatrali delle opere di Colaprico: al teatro Verdi dal 10 al 29 ottobre sarà rappresentato "Qui città di M.", un monologo di 7 personaggi, thriller a più voci, tutte rappresentate in scena dalla brava Arianna Scommegna, per la regia di Serena Sinigaglia.

Aldo Funicelli
Unoenessuno
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GIOVEDI' 05 OTTOBRE 2006

Ed ecco che due delle forme d'arte più belle e coinvolgenti si incontrano e intrecciano alla rassegna del Giallo: scrittura e musica, una sera insieme, per creare un clima particolare.
Come nel salotto di casa, lo scrittore Andrea Vitali e il gruppo dei Sulutumana chiacchierano e cantano con un numeroso pubblico divertito e affascinato dai racconti di un medico-scrittore e dalle note caratteristiche del gruppo comasco.
Entrambi vicini di casa della Passione, hanno coinvolto il pubblico nelle loro opere d'arte create nei rispettivi luoghi d'origine da cui traggono l'ispirazione per i loro testi.
Vitali ha raccontato come da un ambulatorio di medico di base, piazza particolare per i pettegolezzi di paese, possano nascere i personaggi o gli spunti per i suoi libri ambientati intorno al Lario.
Una persona aperta al dialogo, sempre pronto a fare dell'ironia, non ha svelato molto sul suo nuovo libro"Olive comprese" ma ha affascinato comunque il vasto pubblico raccontando aneddoti della sua vita presente e passata che hanno colpito certamente i suoi interlocutori.
Ed è il fascino musicale dei Sulutumana che ha reso la serata ancora più calda e magica, i racconti dello scrittore arricchiti da alcune delle loro canzoni più particolari che parlano di storie, di persone, di amori, di cose e mescolano insieme provenienze musicali diverse.
Insomma una bella serata e un ottimo "duo" che continuerà a lavorare insieme anche nei prossimi giorni con uno spettacolo intitolato "Pianoforte vendesi" insieme alla collaborazione di Antonio Ballerio.

Lucia Buizza



Sulle piacevoli note dei SULUTUMANa, vengono lette le prime parole dell’ultima creatura di Andrea Vitali Olive comprese, dal titolo falsamente vegetariano (come lui stesso dice), che invitano al seguito della lettura…
Sull’intreccio non è dato di sapere e allora si parla a braccio della Vitali’s story!
Con il bel tempo scopriamo che all’autore piace godersi brevi pause su di una panchina del lungolago in attesa di recarsi in ambulatorio, dove esercita la professione di medico di base. E quello, sottolinea, è per lui un luogo ricco di ispirazione, dove raccoglie spunti da cui partono spesso le idee per i suoi libri.
Il racconto dell’aneddoto sulle mutande in pelle d’uovo rivela un’apprezzabile vena umoristica dello scrittore, che credo tenga a mettere in luce questa sera.
Apprendiamo anche che annota le idee raccolte nel suo quadernetto tenuto sempre a portata di mano, dove giacciono per un po’, in attesa che una storia prenda forma dopo un congruo periodo di maturazione per lui sempre necessario. E’ accaduto così anche per Olive comprese, che si è sviluppato attorno ad un piccolo fatto realmente accaduto.
Lo scrivere ha comunque sempre accompagnato le sue esperienze di vita. Dalla prima cotta presa a quindici anni, coltivata per tre settimane a suon di lettere, e tristemente finita perché la lei ha preferito un lui col motorino. Il dolore seguito ha ispirato delle poesie d’amore, che Vitali si augura siano state opportunamente distrutte. E più tardi l’innamoramento per l’idea di diventare un brillante giornalista infrantasi sul granitico NO del padre, ha fatto sì che la passione per la scrittura restasse profondamente incisa in lui.
Una curiosità: la sua prima lettura? Il calendario di Frate Indovino, che lo ha aiutato nella sua professione talvolta.
Bello anche il ritratto della Bellano dove Vitali vive e lavora; ne parla rivelando tutto il suo affetto per i luoghi di ieri e di oggi, per i volti noti e per quei tratti che il quotidiano di un piccolo paese lariano sa offrire.
Per parlare del futuro, invece, lo scrittore vorrebbe dedicarsi ai ladri, a quelli che magari non riescono nemmeno a rubare qualcosa, a quelli che fanno quasi tenerezza. Ama l’intreccio, ma non si sente portato per l’assassinio truculento.
Ad accompagnare ed intercalare la godibilissima intervista le suggestive proposte del gruppo SULUTUMANa  e devo dire che mi è parsa molto gradita al pubblico l’idea del connubio tra musica e letteratura.
Nell’ascoltare il racconto dello scrittore bellanese, ricorre, a mio modo di vedere, una vena nostalgica, un’attrazione per alcuni aspetti del mondo per come era un po’ (…po’…) di anni fa.
Mi è apparso uomo semplice, sincero, attento alle piccole cose, che ammette come a volte dalla propria stupidità nasca del positivo. Ne parla a proposito del rapporto di collaborazione con i  SULUTUMANa seguito ad un incontro obbligato, ma il principio vale in generale e per tutti.

Alla prossima, Enrica Maggioni



DOMENICA 01 OTTOBRE 2006

Oggi c’è un’affluenza ancora maggiore agli appuntamenti de La passione per il delitto. Ospiti di riguardo, noti al pubblico affezionato, richiamano parecchi lettori e catalizzano giustamente l’attenzione. Tutto molto interessante!
Ma è la presenza dei numerosi piccoli partecipanti a solleticarmi una riflessione. Ad uno spettatore esterno verrebbe da chiedersi come mai all’interno di una rassegna dedicata ad un tema, per certi versi raccapricciante, vengano dedicati momenti ad un pubblico così giovane. Potrebbe sembrare educativamente discutibile avvicinarlo al lato meno edificante della natura umana, ma non è così.
Ai bambini non bisogna affatto nascondere l’esistenza del male, del resto nell’esperienza del quotidiano quello della violenza è un tema tristemente ricorrente. Tutto dipende da come se ne parla!
E comunque mi è bastato osservare da vicino mia figlia Sara per capire la positività delle attività proposte. Era partecipe, coinvolta, e come lei tanti altri.
Mi sono resa conto che vengono portati all’attenzione dei bambini quegli aspetti del giallo, che stimolano le loro naturali capacità come la curiosità, l’interesse per i particolari e la fantasia. Sapientemente guidati si dilettano ad indagare, a ricostruire l’identikit di un personaggio, a dare forma e colore a situazioni ed emozioni.
Spazio alla creatività, dunque, in questo pomeriggio di domenica, 1 ottobre.
All’interno delle attività proposte ho avuto modo di seguirne due in particolare.
Al piano terra Ottaviano Molteni, in un clima vivace ed un po’ chiassoso, si è occupato dei giovani artisti, mentre con pennelli e pennarelli, componevano un volto col materiale fornito e secondo fantasia. Ed è stato bello vedere come a parità di mezzi, si siano ottenuti risultati ben diversi tra loro.
Al primo piano, in un’atmosfera decisamente più silenziosa e concentrata, la pittrice Antonia Pozzoli ha seguito un altro gruppo. In Riscoprirsi con l’arte ad essere indagata è stata la propria personalità. Attraverso l’uso dei colori si sono rappresentate liberamente emozioni ed immagini. Al termine, esposti i lavori, il gruppo stesso ha letto i disegni fatti e mosso critiche ed osservazioni, completando l’esercizio creativo.
In conclusione quindi niente di diseducativo, anzi tutt’altro.

Enrica Maggioni



Uno scienziato con i globuli rossi a fiammella". Con questa breve definizione Luciano Garofano, comandante dei celebri Ris di Parma e anima del Reparto Investigazioni Scientifiche dei carabinieri, ha racchiuso tutto quello che lui e i suoi uomini sono e fanno.
I 75 militari dell'Arma che lavorano nei quattro Reparti dei Ris (Parma, Cagliari, Messina e Roma) sono infatti degli scienziati che lavorano con minuscole tracce e da quelle riescono a determinare con certezza la colpevolezza o l'innocenza di una persona. "Noi non possiamo sbagliare perché spesso le nostre analisi non si possono ripetere e quindi il futuro di una persona dipende da noi - ha proseguito l'ufficiale affascinando con la sua schiettezza e con il fascino del lavoro che fa, la platea strabordante del Granaio - non esiste il delitto perfetto: è tale soltanto se imperfetta è stata l'indagine". Certo che, malgrado la sua esperienza e la sua incredibile conoscenza scientifica e sul campo, i veri Ris non sono proprio come quelli della celebre fiction televisiva giunta alla quinta edizione. "Noi ci concentriamo sulle indagini scientifiche - ha aggiunto - e non facciamo gli investigatori. A quello pensano i colleghi sparsi sul territorio. Ma la tv ha bisogno di eroi....".
Cogne, Unabomber i due casi non ancora risolti  che continuano a campeggiare sui giornali sono gli unici di cui non vuole parlare. Ma lo fa perché da carabiniere rimane estremamente serio e attaccato alle disposizioni superiori. In fase di indagine è meglio non parlare, si sa...E invece Luciano Garofano si lascia andare al ricordo dell'orrore provato nella villa di Novi Ligure "I miei figli avevano la stessa età di Erika e del fratellino...Quando vidi come era stato braccato quel bambino pensai ai miei figli che giocavano insieme....". Ricorda anche il sopralluogo a Casatenovo nella casa di Mary Patrizio. "Quello di Mirko Magni aveva sin dall'inizio le caratteristiche di un infanticidio...è stata fondamentale la collaborazione con i colleghi del territorio". Nel suo secondo libro che ha detto di voler consegnare ai cittadini come documento di quello che si fa sul serio per la Giustizia, ha affrontato come ultimo caso l'unico serial killer italiano degli ultimi anni: Donato Bilancia. Il colonnello ha poi spiegato quali sono le carenze che ancora ci sono in Italia, perorando la causa della creazione di una Laurea in Scienze Forensi. "Abbiamo bisogno di nuovi laureati specializzati in scienze che lavorino per noi. Siamo ancora troppo pochi".
In barba al tempo che scorreva inesorabile Garofano ha descritto minuziosamente l'ultima parte dell'indagine e alla fine non si è risparmiato a rispondere alle domande. "E' già finito?" ha detto dopo un'ora e mezza che parlava. "
Dopo l'incontro con gli adulti Garofano si è dedicato ai ragazzi ai quali ha dedicato un libro illustrato sulle Scienze Forensi. Anche nell'incontro con i più piccoli non si è risparmiato e ha risposto alle decine di domande che gli hanno fatto..

Laura Marinaro



Ma come? Ma quelli che amano i libri gialli, thriller o magari horror non dovrebbero essere delle persone deviate, delle persone anormali, delle persone malate, afflitte da ogni sorta di tic, che trascorrono le loro giornate macerando nella testa pensieri di frustrazione e immagini di morte? Quelli che amano le storie a tinte forti non dovrebbero essere dei pericolosi sociopatici responsabili di tutto ciò che di brutto accade al mondo? Questo, infatti, è ciò che qualche volta abbiamo sentito in tv. La violenza dei ragazzi, l’escalation di criminalità: qualche tuttologo pagato un tanto al chilo per vomitare luoghi comuni non ha forse detto che è colpa dei libri thriller?
Beh, a Villa Greppi, domenica pomeriggio, non c’erano persone pericolose, deviate, anormali, malate. C’erano centinaia di persone che avevano voglia di ascoltare. Voglia di perdersi ancora e ancora nel piccolo grande miracolo di una storia ben raccontata. Esponenti delle forze dell’ordine, scrittori e narratori più o meno giovani. Tutti con una storia da costruire, un aneddoto da rivivere, un retroscena da svelare. E tanta, tanta gente. Che sorrideva, si interessava, domandava, si faceva fare autografi, scattava qualche foto con il telefonino. Le ore, come sempre, si sono volatilizzate, tra un sorriso e una frase che magari uno scrittore ha buttato lì, eppure mentre sei in macchina per tornare a casa ancora ci stai a pensare.
E saremmo noi quelli anormali?

Marco Proserpio



Un interrogatorio in perfetto stile poliziesco e un fuori programma piacevolissimo. Questi gli ingrediienti del dibattito con gli autori che, domenica scorsa, è seguito all'incontro con il capo dei Ris di Parma.
E' stata una geniale idea quella di Tecla Dozio, editore della Libreria del Giallo di Milano, quella di presentare tre "cavalli di razza" della sua nuova scuderia interrogandoli proprio come fa la Polizia. Reato ipotizzato: scrittura pericolosa. Il confronto è stato serrato, divertente, direi scoppiettante soprattutto perché alcuni di loro, oltre ad essere giallisti, sono uomini di spettacolo e si dilettano di musica e cabaret. Come il vulcanico Massimo Marcotullio che ha presentato "Il corpo del mondo", oppure Fabrizio Canciani, autore di "Qualcosa che non resta" o come Paolo Brera, figlio dell'amatissimo Gianni, con "Il veleno degli altri". Insieme a loro il più riservato Ugo Mazzotta, medico legale napoletano (L'avvocato del diavolo) e Tito Giliberto, noto inviato del Tg5 che ha scelto di risolvere il giallo sulla morte di Mozart (Mozart: delitti in re Maggiore).
Chiuso l'interrogatorio, ha fatto il suo ingresso nella sala del Granaio, assolutamente a sorpresa lo scrittore Raffaele Crovi. Una presenza, la sua, che è servita a dare ulteriore spessore (come se già non lo avesse!) il confronto successivo, moderato da Marco Proserpio, con tre investigatori emiliani. Crovi, infatti, è salito sul palco da reggiano doc per "sponsorizzare" con simpatia e amicizia lo splendido giallo di Valerio Varesi "A Mani vuote" ambientato a Parma. "Valerio Varesi è un grande giornalista e un bravissimo giallista" ha detto Crovi dell'amico. E lui che si definisce il "padrino" del giallo italiano, da quando nel 68 aveva creato una collana con Rizzoli, di noir ne capisce davvero. Mentre Varesi racconta una emilia decadente e spaesata attraverso le gesta del commissario Soneri (diventato poi la celebre fiction "Nebbie e delitti" con Luca Barbareschi), il giovanissimo Matteo Bortolotti racconta la Bologna dei non bolognesi nel suo romanzo "Questo è il mio sangue" e Luigi Guicciardi l'altra Emilia di "Occhi nel buio". Anche questi veri e propri cavalli di razza patrocinati dal grande Raffaele Crovi.

Laura Marinaro
cronista Giornale di Monza



MARTEDI' 26 SETTEMBRE 2006


Alla fine, senza volerlo, ti viene proprio, di cercare con gli occhi le mani di quella donna. Sarà un riflesso condizionato, la curiosità di un attimo. Ma ti viene da guardarle, le sue mani. Perché quella donna, seduta martedì sera sul palco del granaio, è una anatomopatologa. Sì, insomma, pratica autopsie. Sul serio, non è il personaggio di un libro. Quella donna chiede ai cadaveri di rivelare, per quanto possibile, la loro verità. Chiede ai loro tessuti, alle loro ossa, ai loro organi di dare una versione dei fatti. Di provarci, almeno, a ricostruire gli ultimi istanti della vita di una donna o di un uomo. Le sedie sono tutte occupate. Stasera ad essere protagonisti non sono i delitti raccontati. Sono i delitti veri. Il sangue di cui si parla non ha il colore della carta. Ha il colore cella vita che abbandona un essere umano. Accanto al medico, un altro medico. Uomo. Uno psichiatra forense. Conosce bene la testa delle persone: per questo sa cosa dice, quando dice che non esistono i raptus di follia a cui puntualmente si aggrappano i cronisti, quando devono raccontare la morte violenta. Non esistono i raptus di follia, ma esistono delle vite su cui il destino ha scaricato il suo sarcasmo più nero. Esistono persone che hanno dimenticato come si fa ad essere persone. Si parla. Ci si interroga. Si ricostruiscono delitti e processi.
Alla fine, resta un po’ di inquietudine. Se i mostri a volte sono così normali, allora anche i cosiddetti normali possono diventare mostri?

Marco Proserpio




Credereste mai che una ragazza esile e dal viso dolce è una delle più accreditate anatomopatologhe forensi d'Italia? Quella, che, per capirci, ha contribuito ad identificare i cadaveri della tragedia di Linate e della camera iperbarica del Galeazzi. Invece è proprio così che, martedì scorso, Cristina Cattaneo si è presentata al pubblico de La Passione per il delitto, durante la presentazione del suo libro "Morti senza nome" (Mondadori). E mentre lei ha iniziato a fare questo lavoro incredibile dopo un bel po' di anni che si occupava di cadaveri antichi (faceva l'archeologa), Massimo Picozzi, celebre psichiatra forense, al suo lavoro ci è arrivato subito dopo la laurea in medicina, quando si è trovato a lavorare in carcere. Il collaboratore dell'Unità speciale Serial Killer della Polizia, il criminologo di Cogne e di tanti altri delitti, è venuto a Monticello per presentare il suo ultimo libro "Tracce Criminali" (Mondadori) e il prossimo, dal titolo "La Nera", scritto a quattro mani ancora una volta con il giornalista Carlo Lucarelli. Per quest'ultimo Picozzi ha voluto accendere la curiosità del pubblico del noir con delle foto shock di omicidi efferati e di assassini altrettanto crudeli degli anni '50 e '60. Foto che una volta andavano sulle prime pagine dei giornali e che oggi sarebbe impensabile proporre.

"Il carcere per me è stato una palestra di vita - ha raccontato Picozzi - ho conosciuto Vallanzasca, Epaminonda, Tortora e i palestinesi che dirottarono l'Achille Lauro e un Natale rimasi chiuso per sbaglio nella cella medica! Mi liberò un estremista dell'estrema destra dopo tre ore..." I bei tempi però sembrano finiti. "La psichiatria forense è allo sfascio - ha continuato con una vena polemica - Grazie al decreto Bersani anche le perizie verrranno affidate alle Asl e purtroppo le professionalità non sono le stesse che nel privato". I morti senza nome, quelli delle grandi e delle piccole tragedie, e le implicazioni che comporta l'identificazione, sono stati al centro della spiegazione di Cristina Cattaneo. "La realtà italiana non è quella che si vede in televisione - ha detto l'esperta, rispondendo alle pungenti domande del moderatore Luca Crovi - non abbiamo una banca dati delle persone scomparse e quindi è difficile, anche quando identifichiamo un cadavere, confrontare i suoi dati con persone che sono esistite e sono sparite nel nulla. Noi abbiamo realizzato, come laboratorio universitario, una sorta di sito clandestino, ma c'è ancora molto lavoro da fare". E sull'onda del "Csi" che non esiste nella realtà, è proseguita la discussione. "Le tecnologie oggi a disposizione sono all'avanguardia ma alla fine le risposte sono quelle di vent'anni fa. Anche il Dna si rivela fallibile perché è facile contaminare i reperti", ha aggiunto la Cattaneo. "Mi stupisco come nella celebre serie americana la prima cosa che gli investigatori fanno è preservare la scena del crimine - ha ribattuto Picozzi - nella realtà bisogna prima vedere se c'è una vittima che può ancora essere salvata, ed è quello che è successo a Cogne. Anche le unità cinofile, se non sono preparate per trovare i cadaveri, falliscono, come è accaduto per Desirè Piovanelli". Il confronto tra i due esperti, il primo della scienza esatta, il secondo di quella della mente, è stato vivace e le domande del pubblico altrettanto interessanti. Si è parlato di pedofilia e di psicologia. E' la società che richiede la presenza degli psicologi dappertutto, come non avveniva trent'anni fa? Ha chiesto una rappresentante del pubblico a Picozzi. "I disagi psicologici da cui nascevano i crimini oppure quelli vissuti dai parenti delle vittime c'erano anche trent'anni fa, ma non venivano curati - ha risposto Picozzi - Anche oggi non vengono seguiti fino in fondo, ma è la Giustizia che richiede la presenza dello psichiatra".

Laura Marinaro



DOMENICA 24 SETTEMBRE 2006

E’ da poco iniziato l’autunno, ma ci viene regalato ancora un piacevole pomeriggio di sole.
Perché allora scegliere di prendere parte alla rassegna La passione per il delitto, anziché decidere per una bella gita magari al lago? La risposta è semplice: per autentico e tangibile interesse.
Già, perché a chiamare il nutrito pubblico presente non è solo curiosità per un evento culturale di rilievo, ma il desiderio di introdursi in un salotto dove si ascoltano le intuizioni, le fatiche e le gioie di scrittori del genere noir, che appassiona ed accomuna tanti lettori. Non solo le parole, però, ma anche i colori meritano una nota di rilievo. Quelli caldi di stagione, pieni di sfumature e di contrasti; quelli delle locandine e delle brochure, che giustamente in tema, ci propongono il giallo e il nero. Chi immagina, quindi, che la tinta predominante di una rassegna culturale sia il grigio, si sbaglia. Anche perché, al di là della suggestiva cornice che Villa Greppi col suo parco offrono, a colorire ulteriormente l’ambiente vi è la presenza dei numerosi bambini e ragazzi che partecipano in maniera coinvolta e vivace ai laboratori proposti. Sui volti dei presenti, poi, non si legge noia, ma viva attenzione.
Così, io e la mia bambina Sara di nove anni, abbiamo condiviso insieme a tanti altri un’esperienza arricchente e gradevole, e non mancheremo di seguire questa iniziativa anche nei prossimi appuntamenti. Siamo giunti alla 5° edizione della rassegna ed il successo riscosso fin qui è certamente frutto di un’ottima e crescente collaborazione tra gli organizzatori, i collaboratori, gli autori ed il pubblico, che guarda a questo appuntamento come ad una tappa attesa.

Enrica



Roba da non crederci. Davvero. E' questo il primo pensiero che ti prende quando entri nell'ex granaio di Villa Greppi. E vedi un mare di gente. Un piccolo mare di gente che si è data appuntamento in questa domenica pomeriggio; il cielo ha messo un velo di nuvole sul sole, come un foulard sopra una lampada troppo abbagliante.
Roba da non crederci. E invece no. E' vero. Decine e decine di persone sono sedute davanti a un palco con sei poltrone. Tre gialle e tre nere. Perchè è di quello che si parla. Di giallo e di nero. Altre decine si aggirano nel parco, chiacchierando di storie, trame, trasposizioni cinemtografiche. Sì, si parla di libri. Chi i libri li scrive ne parla con chi i libri li legge. Ed è questo che è roba da non credere. Una volta tanto siamo noi a essere la maggioranza. Noi che quando abbiamo il naso cacciato tra le pagine di un libro non riusciamo più a pensare alle solite, piccole cose che ogni  giorno porta con sè. Siamo noi la maggioranza. Noi che riusciamo ancora a chiudere gli occhi per sognare un'altra realtà. Più violenta, forse. Ma meno cattiva di quella in cui ci tocca vivere.
Sul palco si parla di crimini e di indagini, di inchieste e di fattacci di cronaca. Di mondi lontani, così come di storie che, un giorno o l'altro, accadono in ogni paese. Pensieri e sorrisi si intrecciano che ne nemmeno te ne accorgi. E il pomeriggio vola. E' già ora di salutarsi con un buon bicchiere di vino. Per fortuna ci si rivedrà presto. Con nuove indagini, nuovi indizi, nuovi misteri. Nuovi crimini e nuove storie. Perchè, una volta tanto, siamo noi la maggioranza. Noi che senza un libro non sappiamo stare. Altrimenti i nostri pensieri si sentono soli.
 
Marco Proserpio



Vivaci, interessanti e soprattutto molto seguiti dal pubblico. Così sono stati i primi due incontri pomeridiani con gli autori de "La Passione per il delitto" svolti, domenica scorsa, nella sala del Granaio e alle Scuderie. Al primo dibattito, moderato dal giornalista Dario Campione, hanno partecipato decine di appassionati per i quali i tre autori non si sono risparmiati.
Piero degli Antoni ha raccontato in breve la trama del suo "Ghiaccio Sottile" focalizzandosi su quello che per lui significa scrivere un giallo.
"Esplorare uno spazio metafisico - ha detto - quello che mi ha guidato è stata proprio l'idea di sviluppare una trama avvincente in uno spazio piccolo come può essere una tenda sull'Himalaya". La ricerca della tensione è, infatti, raggiunta in modo diverso dai tre autori. Leonardo Gori ne "Il fiore d'oro" ha scelto di ambientare la sua storia nel periodo nazista e sarà proprio un personaggio da tutti giudicato negativo a trovare la soluzione al delitto. Al punto che - come ha detto lo stesso autore - la fine della storia è la negazione del Nazismo. "Io scrivo per esplorare la storia e arricchisco la stessa trama man mano che mi documento", ha detto Gori. La scrittura come messa in scena delle proprie fantasie in un luogo è invece il senso della storia di Giancarlo Narciso, grande viaggiatore e autore di "Incontro a Daunanda".
Alla domanda di Dario Campione sul motivo dell'interesse dei lettori per i gialli, del bisogno di giallo, tutti e tre hanno risposto in modo diverso e affascinante. "Al mondo ci sono tanti misteri e attraverso il giallo puoi avere l'illusione di risolverli", ha detto Degli Antoni. Nel futuro per lui una storia ambientata in sole nove ore e in una villa dove ruotano solo tre personaggi. Gori continua sul filone storico con un romanzo giallo ambientato nel Rinascimento, mentre Narciso torna nella Milano di Scerbanenko, quella degli anni 60 e 70, quella delle forti tensioni. Alle 18 gli appassionati del noir si sono spostati nelle Scuderie per l'aperitivo e per conoscere due giovani donne del Giallo che hanno scelto, come teatro delle loro storie, Milano. I titoli e anche la scrittura, come ha assicurato il giornalista Beppe Ceccato, moderatore dell'incontro, sono frizzanti e accattivanti. Lucia Ingrosso, nata a Milano ma di origine pugliese, ne "La Morte fa notizia" ha scelto una Milano fatta di superficialità e apparenza, com'è la vita della sua protagonista, una pr. "Milano è una città noir, una città che accoglie tutti e nel mio libro i personaggi vengono da tutta Italia. Nel libro si ritrovano persone che io conosco veramente e che chiunque può incontrare ogni giorno in metropolitana o nei locali".Per Elisabetta Bucciarelli la scelta di Milano è dettata invece da sentimenti diversi. Nel suo "Happy Hour" si racconta proprio la Milano che si ritrova per l'aperitivo e che prolunga questo aperitivo fino a sera. "Sono andata via da Milano per un po' di anni - ha detto - e quando sono tornata l'ho trovata diversa, più brutta, più vacua e questo mi fa rabbia ma nello stesso tempo mi fa sperare che con la risoluzione di un delitto possa tornare a risplendere il bello". Anche per lei come per Lucia Ingrosso ad indagare è un team di personaggi che rispecchiano la realtà milanese di oggi., quella che in fondo mi delude tanto". Le autrici entrambe donne interessanti e colte hanno scelto la kermesse di Monticello per raccontarsi tra una focaccina con salame e un calice di vino locale e lo hanno fatto insieme come in tutte le presentazioni dei loro gialli. Una scelta che per i visitatori di Villa Greppi si è rivelata vincente.

Laura Marinaro - Giornale di Monza
Cronista di giudiziaria



Si respira aria di giallo a Monticello Brianza, in questi giorni capitale noir d'talia.
Ecco una breve cronaca degli incontri della prima giornata.

Giovani autori a colloquio con Luca Crovi
Patrick Fogli, Lentamente prima di morire (Piemme)
Paolo Roversi, Blue tango. Noir metropolitano (Nuovi equilibri)
Cristiana Astori, Il Re dei Topi (Alacran)
Moderatore Luca Crovi

Il rapporto tra noir e cinema
Patrick Fogli: E' normale scrivere con un taglio cinematografico, siamo nati con la televisione, i film, gli sceneggiati. La storia che ho scritto è già sceneggiata: io la lascerei così, se dovessi sceneggiarla. In questo libro ho dovuto tagliare poco, sebbene sia un libro di 400 pagine. Il prossimo invece l'ho tagliato di più, anche se mi costa fatica togliere un parola, un verbo.
Cristiana Astori: Scrivere per racconti: i racconti non sono ben visti dagli editori, anche se a me hanno sempre affascinato. La mia formazione da piccola è stata sulla raccolta di Hitchcok "Hitchcock presenta".Mi piace la sintesi dei racconti. Mi piacciono scrittori come Westlake, come Leonard: con pochi aggettivi si spalanca un mondo. In un racconto puoi condensare le emozioni di un libro, ma in modo più incisivo.
P.F.: Ma i veleni di cui racconti nel libro sono reali? Frequento medici da anni e sono tranquillo pwe la mia salute. Quando scrivevo il romanzo, a volte alzavo la cornetta e chiamavo il medico e chiedevo "ma si può fare?". Il suggerimento sulla maglietta mandata in carcere la boss (per farlo evadere) può essere molto pericoloso, in quanto può dare spunto a future evasioni. Ma la realtà è sempre più avanti dei libri (basti pensare al caso della ragazza rapita in Austria): non mi sento responsabile di evasioni.
C.A.: Nel tuo libro si parla di fate, boschi: sembra un libro di fiabe.Le fiabe raccontano la verità, usando la metafora. Come l'horror: che tira fuori gli scheletri dall'armadio che non vogliamo vedere. E' un modo per raccontare le storie ai bambini. Cui raccontiamo di aver paura del buio: ma che in realtà loro non fa paura. Siamo nio che istighiamo loro dentro questa paura.
P.F: i personaggi del tuo libro hanno tutti un lato oscuro. Come mai?Sono tre protagonisti con un lato oscuro, un rimorso e una vendetta. Non c'è un eroe positivo, tutto pulito. nche il cattivo ha, in realtà, un lato positivo. Non mi piacciono, come lettore, i buoni troppo buoni. E' molto più reale così. Perchè è la quotidianità che mi fa paura: se vedi il tuo vicino che butta via ogni giorno un sacchetto della spazzatura, e poi senti alla radio di un serial killer che si disfa dei cadaveri nei sacchi, la prossima volta che lo incroci lo guardi con un occhio diverso.
P.R.: Nel mio libro si parla di prostituzione e della nuova criminalità peruviana. E' una comunità di crirca 40000 persone: io volevo raccontare di episodi della realtà. Il libro è diventato un noir, poi, in modo accidentale.
 
Raccontare in giallo: le nuove antologie italiane. Tavola rotonda con autori e curatori dei più recenti casi editoriali Marco Vichi e Emiliano Gucci (Città in nero, Guanda)
Maurizio Matrone (Cattivi Golosi, Morganti e Due thriller per due autori, Aliberti). Erba alta, Frassinelli ed.
Andrea Carlo Cappi (Alacran)
Davide Garbero, Lingue morte (Alacran)
Moderatore Marco Proserpio giornalista

La prima domanda rivolta ai quattro scrittori riguardava il ruolo delle raccolte, nel panorama letterario moderno
Maurizio Matrone: Le raccolte ora trovano più successo, perchè i racconti sono più fruibili dagli italiani (il 50% non legge), sono più semplici da leggere.Con le collane, come "caffè killer" (curata da Luigi Bernardi), si temeva che gli autori scrivessero le stesse cose. Invece l'idea di scrivere su commissione, con un tema fisso, è stata molto divertente.
Marco Vichi: la geografia della criminalità. Le antologie erano fatte, una volta, con gli scarti degli autori, erano brutte. Ora sono scritte lì per lì, con un tema che costringe lo scrittore a scrivere con un gusto tutto diverso. E ora funzionano, riescono ad avvicinare dei nuovi lettori, a volte più che non i lettori abituali.La rccolta "Città in nero" è nata a cena con Gianni Biondillo e l'editore: "perchè non scriviamo anche noi una raccolta (dopo l'uscita di Crimini)?"
L'editore ha accettato. L'argomento è forte: le città raccontate attraverso storie nere, dure.

Emiliano Gucci: Perchè un autore racconta i crimini, il peggio della sua città? Sono stufo di vedere la solita immagine di Firenze. La realtà è diversa, diversa dall'immagine da cartolina che abbiamo. La storia che racconto è quella di un mio amico: in un quartiere si ritrova circondato dai cinesi, che vogliono comprare la casa acquistata dai suoi con molti sacrifici.Mi sono divertito a raccontare quello che succede attorno al protagonista, strattonato da una parte e dall'altra.
Carlo Cappi: Un racconto è un breve viaggio che non dovrebbe dare mai il tempo di annoiarsi. Io ho sempre scritto racconti per Giallo Mondadori, per me il racconto non è una scoperta di questi anni.Una forza del racconto è che, nella sua brevità, puoi far fare al lettore una gita nella mente dell'assassino. Dà un'enorme soddisfazione: nel racconto posso uccidere chi voglio e farla franca. Nella realtà no: è doverso.
Davide Gerbero: Quali sono gli ingredienti dei tuoi racconti?Un 73% di ironia e un 27% di ciò che mi capita attorno. Lascio sedimentare nella mia mente quello che leggo, che sento, come se buttassi delle esche in acqua. E poi il meglio che abbocca, lo pesco.Le mie storie ruotano attorno a sangue, coltelli, frataglie e horror.
M.V.: Il racconto e la realtà.Io non racconto sulla attualità: le mie storie sono ambientate nel passato. Per scrivere non seguo una scaletta, ma parto da un'idea forte e mi lascio trasportare dalla scoperta dei personaggi. Che mi devono interessare. Nella mia testa non ho in mente il finale .... (P.S: ero seduto accanto a Leonardo Gori, che ascoltava e ridacchiava ... con Marco siamo in polemica, diceva. Perchè io scrivo sempre una scaletta, prima, lui no! Ma in realtà in mente lui ha già un finale.)

Avventura, tensione, luoghi e tempi lontani in tre romanzi
Piero Degli Antoni, Ghiaccio sottile (Rizzoli)
Giancarlo Narciso, Incontro a Daunanda (Dario Flaccovio)
Leonardo Gori, Il fiore d’oro (Hobby&Work)
Moderatore Dario Campione, giornalista

La discussione è ruotata attorno alla definizione del giallo: tutti e tre gli autori, per motivi diversi, sembrano sfuggire alla defizione classica di noir. Degli Antoni: mi sono stufato dei soliti gialli, con i poliziotti stracciati, che sanno cucinare, .... Io cerco di fare qualcosa di nuovo. Nel mio caso ho scelto di ambientare la storia in montagna.
Leonardo Gori: il mio personaggio è un capitano dei carabinieri (Bruno Arcieri), che viaggia nel tempo. Nel senso che in un libro ("L'angelo nel fango" ambientato nel 66) ha sessant'anni, nei precedenti, durante la seconda guerra mondiale, ha 40 anni. E questa è la mia prima personalità gialla.
La seconda è quella nata con Franco Cardini, uno storico, che mi ha proposto di scrivre un romanzo a 4 mani. E' lui che mi ha dato una visione più complessa del nazismo, a più livelli. Dovessi definire il mio libro ("Il fiore d'oro") direi che si tratta di un romanzo d'avventura, con un pò di fantascientifico. Un romanzo di avventura che è anche una ricognizione nel passato, nella periodo della Repubblica di Salò.
Giancarlo Narciso: Il racconto e il viaggio.Viaggio molto, perchè da piccolo vedevo nel quotidiano la noia. Volevo vivere le avventure che vedevo nei film da ragazzo (Le tigri di Mombracem). Come per Degli Antoni, il giallo classico non mi interessa più.
D.A.: il giallo descrive una certa realtà, difficile da ritrovare nella narrativa normale. Ma non è necessaro fare il calco del giallo per scrivere: non tutti i migliori libri del genere seguono lo stesso calco. "Il giorno della civetta" sovverte questo schema ripetitivo: un omicidio entro pagina 5, la scoperta dell'assassino nel finale ...
L.G.: Non si può continuare ad usare la stessa gabbia dorata del giallo: lo schema deve essere rinnovato. Io ho due anime: una che crede nel giallo classico e una più sperimentale. Ma rimango sempre un appassionato del giallo.
G.N.: Oggi si sente dire che il giallo è travalicato. Ma quali sono i suoi confini? Può essere definito giallo qualsiasi sstoria con un morto? Con un mistero?
L.G.: Direi che nel giallo rientra tutta la "narrativa della tensione". Conta il crescendo della tensione e la scoperta del mistero, non solo l'assassino: ma ciò che teneva legata la tensione.

Il personaggio del suo libro (una SS, il colonnello Dietrich Von Altemburg) è un nazista: come si può scrivre un libro con un personaggio condannato dalla storia? E' un personaggio frutto della mente di Cardini: un giorno mi portò una sua ricerca su un nobile della Turingia, una persona colta, che diventa da giovane un nazista e nel corso della sua carriera militare ne registra gli orrori.E che, alla fine, arriva alla negazione dell'ideologia che aveva abbracciato. Non si può negare la complessità del nazismo: l'aspetto esoterico è uno di quelli più interessanti. Anche se, in realtà, nel libro non ho voluto dare una spiegazione esoterica nel finale.
E poi ci sono altri personaggi più miei, come Elena Contini; nel libro si parla anche della storia del cinema italiano, che è un argomento che mi ha sempre appassionato.

Aldo Funicelli
Unoenessuno
Le foto di Aldo Funicelli alla Passione